Il governo tenta di lanciare un salvagente per sbloccare i crediti del Superbonus 110%.
Infatti, la coperta dei tanti bonus concessi per lavori edilizi di efficientamento energetico si è rivelata più corta delle richieste.
I dati Enea certificano che alla fine del mese di maggio scorso sono stati prenotati lavori ammessi all’agevolazione per 33,7 miliardi
contro i 33,3 miliardi stanziati dall’esecutivo Draghi, che ora dovrà correre ai ripari entro il 16 luglio prossimo,
data in cui il decreto Aiuti dovrà essere convertito in legge.
33mila imprese artigiane a rischio
In quella che il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, definisce una giungla di bonus
“che andrebbe disboscata, valutando quelli che sono effettivamente utili e quelli che non lo sono”, le insidie sono tante.
In particolare, è finito sotto accusa il meccanismo della cessione del credito.
Le banche non riescono più a disfarsi dei crediti acquisiti, perciò non ne comprano altri.
Ora, molti professionisti e imprese edili che hanno già praticato gli sconti ai clienti sono in difficoltà e rischiano di non rientrare nell’investimento sostenuto.
Secondo una indagine della CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media impresa),
a causa del blocco della cessione, circa 33 mila imprese artigiane sono a rischio fallimento.
L’Associazione delle società di ingegneria e architettura aderente a Confindustria (Oice) e
il Consiglio Nazionale dei Commercialisti denunciano un concreto rischio di insolvenza sui progetti di edilizia già realizzati.
In questa selva oscura, più che giungla, ora c’è anche chi rischia di dover restituire il beneficio.
Mentre i cantieri vanno avanti e i fondi sono bloccati,
in Parlamento si è scatenata una corsa contro il tempo,
per fermare questa spirale di eventi.
Ma il dibattito è ancora aperto.
Le proposte risolutive
Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, non vuole ricorrere a nuovi “scostamenti di bilancio”,
ossia ricorrere al debito.
L’ambizione è quella di solleticare l’Europa, affinché si inventino nuovi meccanismi di sostegno comune alla ripresa,
sul modello del Recovery fund o del fondo Sure.
Diversamente, il rischio è di puntare a un aumento delle tasse,
responsabilità che nessun partito politico intende assumersi.
E allora che fare?
La categoria dei Commercialisti propone “un intervento normativo che ripristini per le banche la possibilità di cedere liberamente i crediti acquisiti,
indipendentemente dalla natura soggettiva del cessionario”, senza sacrificare l’esigenza di prevenire le frodi.
Imprese, istituti di credito e proprietari di immobili propongono una correzione delle norme per riattivare la circolazione dei crediti
e dare nuovo slancio al Superbonus.
Molte forze politiche si sono riunite attorno alla proposta della presidente della Commissione Attività produttive della Camera, Martina Nardi.
“Un intervento di rianimazione vera e propria”, dicono.
Ma, come spesso capita, “rianimare” il malato cronico è sempre più complicato che fare prevenzione