PARCHEGGI IN CONDOMINIO:
SI CALCOLANO ANCHE ZONE DI TRANSITO E MANOVRA IN RAPPORTO ALLE CUBATURE
La sentenza n. 31799 pubblicata il 27 ottobre dalla Seconda Sezione civile della Cassazione è un utile spunto per comprendere cosa debba intendersi per parcheggio all’interno del condominio e come calcolarne le corrette superfici.
Si precisa preliminarmente che, per la vicenda in esame, non si applica la liberalizzazione introdotta dall’art. 12 della legge n. 246 del 2005,
essendo precedente all’introduzione di tale normativa.
Cosa si intende per parcheggi?
Con tale locuzione si devono intendere gli spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra e all’accesso dei veicoli
(ossia i corridoi carrabili per accedere ai posti auto, ma non le rampe carrabili se sono esterne al fabbricato).
Tale nozione fa riferimento a quanto indicato nella circolare n. 3210 del 1967 emanata del ministero dei Lavori pubblici
nonché all’art. 9 della Legge Tognoli (L. 122/1989) che autorizza i proprietari di immobili a realizzare nel sottosuolo degli stessi,
ovvero nei locali siti al pian terreno dei fabbricati, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari,
anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.
Pertanto, si definiscono “parcheggi” gli spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra e all’accesso dei veicoli:
tale spazio può consistere in un’area scoperta (c.d. posto auto) o in un’area coperta, chiusa su tre lati (c.d. box) o su tutti i lati (c.d. garage).
Il caso
La vicenda trae origine dalla domanda proposta dal singolo condomino, accolta in primo grado, il quale chiedeva
il trasferimento in suo favore del diritto di proprietà o d’uso di un posto auto scoperto nel cortile dell’edificio
e di un garage nel seminterrato poiché, pur se non menzionati nell’atto di trasferimento della proprietà dell’appartamento acquistato,
dovevano considerarsi di diritto trasferiti in suo favore, stante il vincolo pertinenziale da cui erano legati con l’appartamento.
Pertanto, chiedeva che il Giudice annullasse la donazione di tali pertinenze fatte dal venditore dell’immobile a favore della figlia.
Costituiti in giudizio il dante causa e la figlia, gli stessi eccepivano che, al momento in cui erano state donate le predette pertinenze,
su di essi non esisteva alcun vincolo di incommerciabilità né trascrizioni di sorta.
Difatti, tale garage e posto auto erano stati realizzati dall’impresa costruttrice del palazzo in esubero rispetto a quelli da assegnare obbligatoriamente
con gli appartamenti del palazzo e pertanto non erano coperti da alcun vincolo o limitazione.
I motivi della decisione della Corte di Cassazione
La decisione della Corte si basa sulla scorta dell’accertamento compiuto dal CTU.
In particolare, occorre tenere a mente che, ai fini del calcolo per i posteggi disciplinati dalla Legge Tognoli
nel rapporto necessario fra le superfici destinate a posti auto pertinenziali e cubature riservate ad abitazioni, uffici e negozi
il calcolo deve avvenire al lordo e non al netto, ad esempio, dei corridoi carrabili per accedere ad aree di sosta, box e garage:
si tratta infatti di spazi funzionali a consentire la fruizione, una volta che è assicurato un numero minimo di parcheggi.
Alla luce di tale considerazione, gli elementi presi in considerazione dalla Suprema Corte sono stati i seguenti:
- il vincolo di destinazione ad aree di parcheggio era disciplinato, all’epoca dei fatti, dalla legge Tognoli;
- l’edificio realizzato non doveva rispettare gli standard urbanistici previsti dal “decreto floris”;
- lo spazio utilizzabile destinato a parcheggio eccedeva, nella misura di 387,60 mq, gli standards urbanistici previsti (ossia la proporzione di 1 mq di parcheggio per ogni 10 mc. di costruzione), a fronte di 45 posti auto realizzati;
- la superficie totale del garage e del posto auto in contestazione ammontava a circa 40 mq, ricompresi in detta superficie eccedente.
Per effetto così di tutte le predette considerazioni l’area in eccedenza non era soggetta ad alcun vincolo pertinenziale,
in favore dell’appartamento alienato alla ricorrente ed era di conseguenze liberamente commerciabile,
in adesione ai principi dettati dalla giurisprudenza richiamata, secondo cui in tale evenienza l’originario proprietario-
costruttore del fabbricato può legittimamente riservarsi, o cedere a terzi, la proprietà di tali parcheggi.
Sulla scorta di tutte le predette considerazioni la Suprema Corte rigetta così il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di giudizio.
*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo.
Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.