DANNI DA INFILTRAZIONI

DANNI DA INFILTRAZIONI:

CONCORSO DI RESPONSABILITÀ TRA IL CONDOMINIO ED IL CONDOMINO

Il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie,

affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, sicché risponde ex art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini.

L’applicazione di tale semplice principio si complica, però, allorquando nella causazione del danno concorre un terzo.

In quest’ultima casistica, rientra proprio il caso sottoposto all’attenzione della Corte di Messina e deciso con la sentenza n. 460 del 30 giugno 2022,

potendosi ravvisare la concorrenza di responsabilità tra il condominio ex art. 2051 c.c. per omessa manutenzione delle parti comuni,

e quella del singolo condomino, ex art. 1227 c.c., avendo con la propria condotta concorso a cagionare il danno.

Motivi della controversia

Il proprietario di un’unità immobiliare della città di Messina citava in giudizio il condominio nel quale aveva tale appartamento chiedendone la condanna,

ai sensi dell’art. 2051 c.c., per il risarcimento dei danni subiti a causa del versamento di acque reflue provenienti dalla condotta comune nel proprio appartamento.

Il Tribunale adito accoglieva parzialmente la domanda, ritenendo sussistente la responsabilità in ragione del 50% ciascuno sul presupposto, da un lato,

dell’assenza di un’adeguata e periodica manutenzione dell’impianto da parte del condominio e,

dall’altro, per la cattiva realizzazione di lavori di allaccio all’impianto comune fatti eseguire dal singolo condomino.

La decisione della Corte di Appello di Messina

La Corte di Appello accoglieva parzialmente l’appello proposto dal singolo condomino, riformando in parte anche le motivazioni ed il ragionamento

adottato dal giudice di prime cure.

In particolare, dopo aver ribadito che il condominio ha l’obbligo ex art. 2051 c.c. di provvedere a mantenere in buono stato le parti comuni

ed eliminare per tempo quei difetti che possano recare pregiudizio ai comproprietari, aveva legittimato il lavoro di ristrutturazione

del singolo sulla condotta fognaria comune, evidenziando che le tubazioni comuni possono essere utilizzate da qualsiasi condomino,

con il solo limite di non precluderne agli altri il pari uso (art. 1102 c.c.).

Il singolo condomino, però, nel effettuare tali lavori, si era reso egli stesso corresponsabile, ex art. 1227 c.c., dei danni lamentati, per averli realizzati male.

Difatti, appurato che i danni lamentati provenivano da due colonne di scarico differenti differenti, solo per quelli che derivano dalla condotta di scarico a)

non vi è traccia di concorso del condomino nella loro causazione, e pertanto vanno attribuiti in via esclusiva al condominio.

Circa invece i danni provenienti dalla seconda condotta di scarico b), proveniente sempre dai piani superiori, ma con diversa prosecuzione, la Corte,

facendo proprie le deduzioni del CTU, affermava che le infiltrazioni erano state “effetto di cause concorrenti”,

e cioè determinate sia dalla non accentuata pendenza della conduttura “b”, sia dalla realizzazione in corrispondenza del salone di un nuovo punto di scarico,

realizzato dall’attore durante i lavori di ristrutturazione dell’appartamento.

Nello specifico, il concorso del singolo condomino stava quindi nell’aver realizzato malamente il suo allaccio,

ossia senza tenere conto delle caratteristiche di pendenza del tubo in cui stava per immettersi e di cui era comproprietario ex art. 1102 c.c.

No al lucro cessante se non provato

La Corte, infine, non accoglieva la domanda proposta dal singolo condomino circa i danni derivanti dalla mancata locazione dell’immobile.

In merito, non risultava agli atti alcuna prova né che l’immobile fosse locato e che il rapporto locativo abbia risentito effetti negativi a causa delle infiltrazioni (cessazione della locazione, riduzione del canone, etc.) né che potesse essere locato e non lo sia stato a causa dei danni causati dalle infiltrazioni.

Sul punto, si precisa, che il risarcimento del danno da lucro cessante non può essere riconosciuto automaticamente,

ma esige la prova dell’esistenza di elementi oggettivi e certi da cui desumente l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile.

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