PARTI COMUNI IN CONDOMINIO: SI PUÒ AGIRE DA SOLI PER FARLE RISPETTARE?

Il singolo proprietario può agire in giudizio per la tutela delle parti comuni nel caso di inerzia dell’amministratore?

Sul tema è tornata nuovamente la Corte di Cassazione ribadendo un orientamento consolidato in giurisprudenza.

Nell’inerzia dell’amministratore il condomino può agire da solo per far valere diritti sulle parti comuni.

Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 16934 del 14 giugno 2023 che, rifacendosi al costante e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ha precisato che il condomino di un edificio conserva il potere di agire a difesa non solo dei suoi diritti di proprietario esclusivo,

ma anche dei suoi diritti di comproprietario pro quota delle parti comuni, con la possibilità di ricorrere all’autorità giudiziaria nel caso di inerzia dell’amministrazione del condominio.

Il caso

La Corte di cassazione ha respinto il ricorso del proprietario di un appartamento che aveva installato pianerottoli sulle scale in assenza dell’autorizzazione dell’assemblea.

In particolare, è stato rilevato che il singolo condomino ha anche il potere di intervenire nel giudizio in cui la difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni sia stata già assunta legittimamente dall’amministratore, nonché di esperire i mezzi di impugnazione necessari ad evitare gli effetti sfavorevoli della pronuncia resa nei confronti di tale organo rappresentativo unitario.

In pratica

Fuori dai tecnicismi giuridici, il singolo condomino può promuovere le azioni e/o resistere ad azioni da altri proposte per tutelare i suoi diritti di comproprietario anche allorquando gli altri condomini non intendano agire o resistere in giudizio.

Questo onde evitare un pregiudizio che possa determinare una paralisi gestionale, causa l’inerzia della amministrazione della stessa.

In tale senso la questione è stata di recente esaminata dallo stesso ente giudicante, a Sezioni Unite,  con sentenza n. 10934 del 2019,

con la quale ha affermato come non possa negarsi la legittimazione alternativa individuale al singolo condomino quando si sia in presenza di cause introdotte da un condomino o da un terzo che incidano sui diritti vantati dal singolo su di un bene comune.

La pronuncia in questione ha confermato che allorquando si sia in presenza di cause introdotte da un terzo o da un condomino che riguardino diritti afferenti al regime della proprietà e ai diritti reali relativi a parti comuni del fabbricato, e che incidono sui diritti vantati dal singolo su di un bene comune,

non può negarsi la legittimazione alternativa individuale.

In conclusione, la sentenza in commento si pone nel solco tracciato dalla precedente giurisprudenza di legittimità e consacrato, da ultimo,

nella pronuncia resa a Sezioni Unite nel 2019.

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