Secondo il BES (Benessere equo e sostenibile), in Italia ci sono 18,9 costruzioni abusive ogni 100 manufatti edilizi non autorizzati dai Comuni.
L’abusivismo è sempre stato un problema spesso risolto con i vari condoni edilizi (3 in tutto: nel 1985, 1994 e 2003) approvati dai governi.
Il condono edilizio è un’ordinanza statale che permette ai cittadini di sanare una posizione irregolare e usufruire della cancellazione,
completa o in parte, della relativa multa o sanzione.
La riforma del catasto che entrerà in vigore dal 2026 dovrà occuparsi dei circa 4 milioni di immobili fantasma o abusivi stimati in Italia.
Ma con tutto questo abusivismo che ci lasciamo alle spalle, la domanda è: si può vendere un immobile abusivo?
Come vendere un immobile abusivo?
A questo domanda ha risposto la sentenza della Corte di Cassazione (numero 8.230 del 22 marzo 2019).
Se Sezioni Unite hanno stabilito che un immobile totalmente abusivo non è commerciabile.
Tecnicamente, non può essere oggetto di validi atti di compravendita, perché edificati in assenza di un titolo urbanistico.
La sentenza stabilisce che sono nulli tutti quegli atti di compravendita relativi a immobili che siano del tutto privi di un titolo urbanistico,
che siano cioè stati edificati in totale assenza di un titolo (cioè della concessione edilizia o permesso di costruire).
Dunque, per trasferire la proprietà dell’immobile, occorre procedere con la sanatoria dell’abuso e,
per farlo, occorre confrontarsi con il personale dell’Ufficio tecnico del Comune di appartenenza.
Tuttavia, per poter ottenere la concessione edilizia o il permesso di costruire in sanatoria,
bisogna verificare se l’immobile, di cui si chiede la sanatoria, sia conforme allo strumento urbanistico (quindi il piano regolatore comunale),
sia al momento in cui è stato realizzato, sia al momento in cui viene presentata la sanatoria.
Per questo, non è scontato che la sanatoria venga concessa.
La condizione necessaria per ottenerla è che l’immobile sia stato conforme,
durante la costruzione, al piano regolatore e se questa conformità sussista anche oggi.
Una terza via: la variante edilizia
Ma non è detto che finisca qui.
Esiste un’ultima via d’uscita:
l’Ufficio tecnico potrebbe concedere una variante edilizia.
Un iter complesso, previsto dalle leggi regionali.
I privati devono farne esplicita richiesta e poi spetterà al Consiglio comunale approvare,
eventualmente, la variante al piano urbanistico.
In questi casi occorre che il privato si affidi a un tecnico: ingegnere, architetto o geometra.
Quindi, nel computo delle spese per rimettere in regola l’immobile andrebbero considerate anche le spese per l’assistenza tecnica.